Simbiosi e primi distacchi: la relazione mamma-bambino
Il primo anno di vita
Cosa è la simbiosi mamma- bambino? I neonati sentono la mancanza della mamma? Come facilitare il distacco del bambino quando va al nido? O anche come gestire il rientro al lavoro? Cosa fare se il bambino piange le mamma va via?
Ogni donna si è posta queste importanti domande una volta diventata madre, alle prese con i primi distacchi dal suo bambino o con l’inserimento al nido. Per capire come comportarsi e come gestire il distacco può essere utile far riferimento al proprio istinto, in primis, ma anche a quello che le ricerche sulla prima infanzia ci dicono sulla mente di un neonato.
Un contributo fondamentale è quello di M. Mahler che parla di nascita psicologica:
La nascita biologica del bambino e la nascita psicologica dell’individuo non coincidono nel tempo. La prima è un evento drammatico, osservabile e ben circoscritto; la seconda un processo intrapsichico che si svolge lentamente. Chiameremo la nascita psicologica dell’individuo processo di “separazione -individuazione”. Le principali conquiste di questo processo hanno luogo nel periodo che va dal 4°-5° mese circa al 30°-36° mese, periodo che chiameremo fase di separazione-individuazione (M. Mahler).
Il processo di separazione-individuazione ha luogo lungo tutta la vita e non ha fine. La separazione fa riferimento al distacco dalla madre (per facilità parlerò solo di madre, ma qui si intende l’adulto di riferimento) con cui il bambino all’inizio è fuso, mentre l’individuazione all’assunzione di quelle che saranno poi le caratteristiche individuali di quel particolare bambino. Si parla di separazione-individuazione anche nell’adolescenza, perché proprio in quel periodo ognuno di noi è chiamato a separarsi e individuarsi di nuovo, per accedere all’età adulta. Per approfondire la separazione-individuazione in adolescenza si può leggere questo mio articolo.
Dalla simbiosi totale al sorriso
Quindi sappiamo che alla nascita per il neonato lui e la mamma sono la stessa cosa: è per questo che all’inizio il rapporto è così stretto, e si parla infatti di fase simbiotica o di fusione mamma-bambino. Per Winnicott infatti non esiste un bambino senza una madre che si prende cura di lui, e lo sviluppo avviene appunto nella relazione mamma-bambino. La mamma, anche senza avere competenze teoriche di psicologia perinatale, lo sa: ed per questo che sta così vicina al suo bambino appena nato, allattandolo, cullandolo, parlandogli, scegliendo di tenere la culla nella stanza da letto. Sostiene quindi l’illusione del bambino di essere un tutt’uno con lei. A ragione, perché quello è un bisogno del bambino.
Poi intorno al 3° mese succede qualcosa che, nel campo della psicologia, è considerato di grande importanza: il sorriso, che secondo R. Spitz è il primo organizzatore psichico. Il bambino cioè non reagisce solo a uno stimolo interno come faceva prima ( senso di fame, sonno etc) ma a uno esterno: è la prima risposta “sociale” a un volto, un abbozzo di differenziazione.
L’angoscia dell’estraneo, ovvero non mi lasciare
A 8-9 mesi avviene un’altra svolta fondamentale: il neonato ha cominciato a differenziarsi prendendo maggiore consapevolezza del proprio corpo, sta seduto, gattona, prende in mano oggetti ed esplora. Riesce a distinguere il volto della madre. Per Spitz è il momento del secondo organizzatore psichico, l’angoscia dell’estraneo. Verso gli otto-nove mesi infatti anche i bambini più adattabili cominciano a cercare la madre con più forza e rifiutano per esempio di farsi prendere in braccio dagli estranei. Molte mamme ne hanno esperienza, quando capita che il loro bimbo pianga in maniera disperata, come se la vicina che fino a prima lo prendeva in braccio fosse di colpo diventata l’orco.
Questo è il segno che la mamma è riconosciuta nella sua unicità, e quando lei va via il bambino piange, si dispera ed è angosciato. E’ però anche il segno del fatto che il bambino inizia a differenziare se stesso dalla mamma. Questo traguardo è importantissimo dal punto di vista del pensiero, ma porta con sé qualche difficoltà. Non è più così facile affidare ad altri il proprio figlio per fare qualche commissione o per dormire un po’.
La costanza dell’oggetto, ovvero sei con me anche se non ci sei
Perché il bambino si comporta così verso gli otto-nove mesi ? Oltre che perché si struttura il legame di attaccamento con la mamma, il comportamento di questi mesi ci indica anche quello che la ricerca ha appurato: un neonato intorno a 8 mesi non possiede la permanenza dell’oggetto ( Piaget), cioè quella capacità di rappresentarsi e avere nella mente una persona, un oggetto, quando questo è fisicamente assente. Nella pratica questo può volere dire che se la mamma e il papà non sono nella stessa stanza, o se la mamma esce per andare a lavorare, per il bimbo è come se non esistesse più. Sarà solo a 3 anni che la maggior parte dei bambini avrà una rappresentazione stabile di sé e della madre, in modo da farsi accompagnare da lei nel pensiero.
L’oggetto transizionale
Nonostante ciò, i bambini sono esseri pieni di risorse e possono mettere in atto, già così piccoli, molte strategie: una di queste è l’oggetto transizionale (D. Winnicott). Proprio perché un neonato è stato curato con amore e ha sperimentato la possibilità di creare un buon legame con la mamma, sarà quindi capace di riprodurre questo legame con qualcosa d’altro, un lenzuolino, un pupazzo, il ciuccio o altro.
Questo oggetto, come la famosa coperta di Linus, ha un pregio straordinario per il bambino, cioè di essere controllabile. Mentre la mia mamma va e viene e non posso avere su di lei il controllo, il mio pupazzo non mi abbandona mai e diventa un suo simbolo. Mi aiuta a tranquillizzarmi e ad adattarmi a nuove situazioni. E’ l’oggetto transizionale ad aprire la strada verso il pensiero simbolico, così importante per la crescita e la gestione delle separazioni e distacchi. Infatti tanto più sono capace di tenere dentro la mente le persone importanti, tanto più sarò capace di distaccarmene senza sentirmi perso e mancante.
Saluti e riavvicinamenti, ovvero ti tengo nella mia mente
E’ proprio questo movimento di partenze e ricongiungimenti, andare al lavoro e ritrovarsi che permette al bambino di crearsi l’aspettativa del fatto che la mamma torna, non è sparita e di poterla tenere dentro alla mente.
E’ l’acquisizione più importante per i bambini che frequentano il nido o la scuola materna, perché poter avere dentro di sé la certezza che la mamma c’è permette di stare a scuola serenamente.
La costanza dell’oggetto non è presente fin dalla nascita ed è più utile quindi pensarla come un work in progress che come un dato di fatto. Questo favorirà la nostra pazienza e lungimiranza nelle situazioni che si creeranno con il bambino. Basti pensare ad esempio alla determinazione disperata di un cucciolo che si butta a terra per non far andare la mamma al lavoro, e ai sentimenti che muove in lei: può sentirsi triste, in colpa, arrabbiata ma anche impotente per non saper come comunicare al bambino che tornerà.
Spesso ci confrontiamo con la fatica dei bambini che stanno acquisendo questa capacità e li vediamo piangere durante l’inserimento, rifiutarsi di mangiare, o mostrarci quanto gli stiamo chiedendo di fare un grande passo.
Supportare i bambini di fronte ai distacchi
Ma quindi come possiamo supportarli in questo delicato compito? Non c’è ovviamente una ricetta applicabile a tutti e di immediata risoluzione, e molto dipenderà dall’età del bambino, dalla sua storia e dal legame creato con la mamma. In generale una comunicazione attenta a ciò che si sente e alle emozioni può essere utile a tutte le età: anche bambini molto piccoli, infatti, pur non comprendendo ogni singola parola, entrano in contatto e capiscono il tono di chi parla, in questo caso della mamma che comunica loro con dolcezza ma in modo fermo che dovrà uscire.
Più nel dettaglio ai più piccoli possiamo dare l’oggetto transizionale, giocare spesso a giochi come il cu-cu, che si basano proprio sull’andare/tornare e leggere libri che parlino di questi temi.
Con i bambini dai tre anni in su, possiamo leggere e parlare di come si sentono quando non ci siamo, aiutandoli a trovare dei modi per superare il distacco e magari trovare anche qualcosa di buono in esso (come il poter giocare all’asilo, trascorrere tempo con i nonni etc).
Da adulti ci rendiamo conto solo a tratti della difficoltà e dello struggimento che porta in sé questa acquisizione. D’altra parte sappiamo quanto sia importante supportarla, visto che le numerose separazioni affrontate danno forza al bambino e gli forniscono strategie per crescere. La vita è fatta ANCHE di partenze, ritorni, saluti, traslochi e separazioni, e iniziare a fare esperienza del fatto che separarsi non vuol dire morire, può essere un buon bagaglio per il futuro.