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ChiaraGusmani

Quando nasce una madre

La nascita di una madre avviene nel tempo, non un giorno ben definito, né il giorno della nascita del primo figlio/a. E’ un processo e un lavorìo interno che ogni donna compie da quando sa di essere incinta e continua anche dopo la nascita.

Questo assetto mentale specifico non è uguale per tutte le donne, si declina in maniera differente per ognuna, ma la influenzerà e resterà presente per tutta la vita. A volte in primo piano, come dopo la nascita di un figlio, a volte in secondo piano.

Daniel Stern, psicoanalista specializzato nell’età evolutiva, e sua moglie Nadia Bruschweiler-Stern, hanno esaminato i cambiamenti che affronta una madre in un libro che è un caposaldo della letteratura sugli aspetti psicologici della maternità, “Nascita di una madre”.

La nuova condizione influenzerà in modo sorprendente tutte le relazioni precedenti e vi porterà a valutare con occhi nuovi i rapporti con le persone che vi sono vicine, giungendo a ridefinire il ruolo che occupate nella storia della vostra famiglia ( D. Stern e N. Bruschweiler – Stern).

Durante la gravidanza

Mentre il feto cresce nella pancia, nella mente di ogni donna avvengono altri importantissimi cambiamenti, a cui però nella nostra società non sempre si dà spazio quanto a quelli fisici .

Il bambino immaginato

La donna inizia a immaginare come potrà essere come madre e allo stesso tempo a farsi un’idea di come sarà il bambino o la bambina in arrivo, cioè il bambino immaginato che si fa strada nella mente della mamma.

Questi pensieri però si presentano solo dopo il secondo trimestre: nei primi mesi la probabilità di un’interruzione di gravidanza è abbastanza alta e fa sì che le donne si auto-limitino nel fantasticare sul bambino. E’ poi con il secondo trimestre ( 4°, 5° e 6° mese ) che i pensieri sul futuro arrivo prendono corpo: è un modo per proiettare i vari scenari e iniziare a immaginare come sarà la sua vita dopo l’arrivo del bambino/a. Sarà maschio o sarà femmina? Chi si occuperà di lui/lei oltre a me? Avrà il mio colore di pelle, i miei occhi o quelli del papà? Che temperamento avrà?

Il nome da scegliere è un primo passo importante nella costruzione delle aspettative e indica anche le caratteristiche desiderate: pensiamo per esempio all’usanza di dare il nome di un nonno importante o molto amato, seguendo la tradizione di famiglia, o alla scelta di un nome esotico, oppure ancora di scegliere un nome da re o regina.

Anche le ecografie sono momenti importanti per l’ immaginazione: in particolare le ecografie 4 D sono ormai in grado di restituirci un ritratto abbastanza attendibile dei bambini ( “Ha il naso del papà”, “Guarda la bocca della mamma”) e sostenere quindi il fantasticare sul proprio figlio. Così come i movimenti fetali ci dicono molto, a seconda di come li interpretiamo: pensiamo a quei bambini che si muovo poco e alle aspettative diverse che possono produrre nelle madre (per alcune sarà il pensare: “Sarà molto calmo?”, mentre per altre può essere: “Speriamo non sia un tipo noioso”).

Nell’ottavo e nono mese questo processo si ferma. La donna ha bisogno di disfare l’immagine tessuta in questi mesi per proteggere se stessa e il bambino: il bambino immaginato non deve essere troppo distante dal bambino reale. Questo movimento favorisce la creazione di un rapporto con il bambino che arriverà, e non con uno troppo idealizzato.

Il parto

La nascita fisica del bambino aiuta la donna a progredire verso la propria nascita psicologica come madre, ma non è il parto che trasforma una donna in madre, perché non tutte le madri lo sperimentano, come ad esempio le madri adottive.

Per chi lo vive è comunque un momento importante, che segna uno spartiacque tra ciò che c’era prima e ciò che ci sarà dopo. Il suo racconto occuperà molto spazio nella mente della mamma, che lo utilizzerà nella costruzione di sé come madre e per l’elaborazione di ciò che non è andato come desiderava, ad esempio un parto traumatico o un parto cesareo d’urgenza etc, che sarà utile rielaborare in seguito.

La sensazione è quella di sentirsi addosso tutta la potenza della natura, sia essa quella della marea crescente o di un ciclone. E’ necessario che il processo vada avanti per non perdersi e bisogna essere all’altezza del compito. Non c’è altra scelta ( D. Stern e N. Bruschweiler – Stern).

Dopo la nascita

Non tutte le mamme terranno in braccio il proprio figlio dopo la fase espulsiva del parto o una volta risvegliatesi dal cesareo, però in qualsiasi momento avvenga l’incontro, dopo minuti o dopo giorni, quel momento è di solito considerato come molto importante per creare il legame tra mamma e bambino.

L’incontro

Guardarsi occhi negli occhi, sentire il primo vagito, il peso del neonato appoggiato addosso o l’allattamento possono essere degli attimi in cui si cementa l’assetto materno, in cui una mamma realizza che niente sarà come prima.

Se teniamo presente che in questo momento il bambino reale incontra il bambino immaginato sul palcoscenico della mente materna, possiamo capire perché la neomamma sia tanto fragile psicologicamente, quasi fosse una statuina di porcellana ( D. Stern e N. Bruschweiler – Stern).

E’ per questo motivo che i commenti del personale medico o dei parenti e amici che ci fanno visita (frasi dette magari con noncuranza ma che hanno eco dentro di noi), possono aprire dei varchi anche nelle donne più sicure di sé in altri campi della vita, come nel lavoro o nelle relazioni. E la ragione di questa “apparente fragilità” è da ricercarsi proprio nella straordinarietà di questi momenti e nella condizione delicata della donna.

Da figlia a madre

Nell’incontro tra il bambino immaginato e il bambino reale avvengono anche dei aggiustamenti dovuti alle caratteristiche reali del nuovo nato. Per la madre si tratta del momento in cui avviene il passaggio da figlia a madre e dentro la donna acquista importanza la rielaborazione della relazione con la propria madre. Questo spostamento di identità porta spesso con sé un sentimento di tristezza, dovuto alla perdita, in parte, del vecchio ruolo di figlia.

Anche nella relazione di coppia avvengono dei cambiamenti, a favore della capacità di accudire e proteggere. Mentre i questo periodo le dinamiche sessuali e di competizione passano in secondo piano. Questo può portare a intensi sentimenti dei due membri della coppia, diversi ognuno con sfumature di esclusione o di colpa o di rabbia per il grosso cambio, oltre che di gioia e senso di responsabilità del cucciolo.

La responsabilità di una nuova vita

La nascita dell’identità di madre riceve un grande impulso dall’entrare in uno dei compiti basilari della maternità, che è assicurare la sopravvivenza del bambino.

E’ questo un compito che evoca emozioni forti nella neomamma, che capisce che è lei da cui dipende la responsabilità della crescita. Ed è per questo che l’ansia di protezione aumenta e molte mamme hanno provato la paura nel maneggiare une serino tanto fragile e indifeso, oppure la preoccupazione che smettesse di respirare, oppure ancora che qualcuno di poco esperto lo tenesse in braccio. Sono emozioni del tutto fisiologiche che anzi hanno l’importante funzione di salvaguardare il bambino/ridurre la possibilità di errori, attivare maggiormente le madri e far loro interiorizzare le nuove responsabilità.

Anche le preoccupazioni sulla crescita di peso e la salute del bambino vanno in questa direzione: “Avrà mangiato abbastanza? Come faccio a capire se è sazio? Avrò abbastanza latte?” Per questo motivo i commenti di familiari o estranei incontrati in giro sul peso e la paffutezza o meno dei bambini sono spesso fonti di forti sentimenti: vanno infatti a colpire una delle ansie più profonde che una madre deve affrontare, la responsabilità di tenere in vita e far crescere il bambino.

Amare e creare una relazione intima

Last but not least, l’altro compito basilare della maternità: amare il proprio bambino/a e creare una relazione intima con lui/lei.Questa relazione sarà diversa da tutte le altre conosciute fino a quel momento (genitori, fratelli, coniugi, compagni), innanzitutto perché ha luogo con qualcuno che non parla e può solo esprimere i suoi bisogni attraverso un linguaggio non verbale, che spetta a noi tradurre.

Per favorire questa nuova relazione ogni madre utilizzerà tutta se stessa, il proprio stile relazionale, che dipende in larga parte dalle esperienze di accudimento ricevute e dalla sua storia personale: lo si può vedere nel gioco, nella cura, nel rapporto col cibo, nelle regole.

E proprio in questo senso la maternità può essere un momento di riflessione su quello che si è e di crescita: si noteranno aspetti sorprendenti accanto ad altri già noti, parti di sé che piacciono e altre da modificare.

L’importanza di permettersi di fare errori e poi correggerli

Winnicott era solito parlare della madre sufficientemente buona, intendendo così mettere l’accento sugli errori inevitabili e le frustrazioni che una madre agisce sul proprio bambino. Un bambino non ha bisogno di una madre perfetta, ma di una sufficientemente capace di adattarsi a lui e garantirgli un normale sviluppo.

La naturalezza comporta anche lo sforzo, l’andare a tentoni, il non capire. 
Una madre che capisce sempre il suo bambino non è una madre “sufficientemente buona”. E’ troppo buona, cioè non è buona affatto. Perché vive il suo bambino come una parte di sé, cancellando il mistero doloroso, ma vivo e affascinante, dell’alterità e della separatezza (G. Pellizzari).

Concluderei con un’ altra frase tratta da “Nascita di una madre”, libro irrinunciabile per chi voglia riflettere sulla maternità:

Parte essenziale dell’educazione di un bambino è costituita dalle frustrazioni ripetute, dalle azioni materne intempestive o maldestre che lo costringono a sviluppare opportune strategie di adattamento: passi falsi nella danza, note stonate nell’interazione che verranno poi corretti. Rendersi conto che gli errori possono essere riparati e imparare a farlo costituiscono una lezione fondamentale per tutti noi ( D. Stern e N. Bruschweiler – Stern).

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